La Fiaba - Re Laurino

La leggenda di re Laurino
Una delle più belle leggende dell'Alto Adige racconta:

"Là dove oggi ci sono solo rocce e sassi, c'era una volta un bellissimo roseto che apparteneva a Laurino, Re dei Nani. Un giorno questi, con l'aiuto di un cappuccio magico che lo rendeva invisibile, rapì Similde, la figlia del re. Molti cavalieri si gettarono subito all'inseguimento e quando videro il roseto in piena fioritura capirono subito dove avrebbero trovato Similde. Uno di essi riuscì ad afferrare il cappuccio magico, facendo ricomparire il Re dei Nani. Ne seguì un violentissimo combattimento, ma i cavalieri ebbero la meglio su Laurino che, nonostante la sua magia, fu sconfitto. Similde sposò il più valoroso di loro e Re Laurino fu trascinato in prigione. Il Re dei Nani, però, riuscì a fuggire. Quando ritornò sulle sue montagne e vide il suo roseto, disse: "Queste rose mi hanno tradito; se i cavalieri non le avessero viste, mai e poi mai sarebbero venuti sulla mia montagna." Furioso, Laurino trasformò in pietra tutto il roseto e pronunciò un incantesimo, affinché nessuno lo vedesse, né di giorno, né di notte. Si dimenticò del tramonto. Per questo ancor oggi possiamo ammirare dalla valle il suo giardino, quando gli ultimi raggi del sole lo accarezzano."

I monti pallidi e Rosengarten-Latemar: un vero regno di favole

Il mondo incantato delle Dolomiti risulta ancora oggi ricchissimo di leggende e favole che sono documenti meravigliosi di una ingenua poesia pastorale.
La leggenda di re Laurino e di Teodorico da Verona è senz'altro una delle perle delle leggende dolomitiche.

La leggenda delle rose - Re Laurino

Nel buon tempo antico, quando gli uomini non si odiavano né si uccidevano tra di loro, il Catinaccio non era, come ora, una montagna aspra e nuda: era anzi facile e dolce, e tutto mirabilmente fiorito di rose rosse. Fra le rose abitava un popolo di Nani, sul quale regnava, amato sovrano, Re Laurino.
Non mura e non palizzate difendevano l'accesso a questo incantevole regno: soltanto un filo sottile di seta ne tracciava tutt'intorno il confine.
Un giorno Laurino venne a sapere che un re suo vicino aveva una figlia di mirabile bellezza, e decise di domandarla in isposa. Ma la principessa Similda, interrogata, respinse la proposta.
Il Re dei Nani era anche un incantatore potente: con le sue arti magiche riuscí a rapire Similda ed a condurla nel cavo della sua montagna.
Passati sette anni, il fratello della principessa scoprì il giardino delle rose dove la bella Similda era rinchiusa e decise di chiedere aiuto a Teodorico da Verona, l'eroe famoso, per liberare la sorella.
Partirono, accompagnati da altri guerrieri e presto giunsero in vista della montagna coperta di rose meravigliosamente rosse e profumate.
Dopo diverse impari battaglie, il forte Teodorico ed i suoi compagni furono vincitori, liberarono la principessa e condussero via, prigioniero, Re Laurino.
Ci vollero molti anni perchè Laurino riuscisse a liberarsi e dopo lungo cammino giunse fra le sue montagne.
Ma quando, a una svolta della valle, gli apparve il bel giardino di rose, rossosplendente al disopra dei boschi, Re Laurino disse:
- Son le rose che mi hanno tradito. Se gli uomini non le avessero viste, non avrebbero mai scoperto il mio regno.
E, per renderlo invisibile, Laurino trasformò in pietra tutto il roseto e fece un incantesimo tale che le rose non potessero vedersì né di giorno né di notte.
Ma nell'incantesimo il re Nano aveva dimenticato il crepuscolo, che non è né giorno né notte: così ogni sera, dopo il tramonto, si rivedono le rose rosse del giardino incantato.

Il lago dell'arcobaleno

Nel lago di Carezza, che i Ladini chiamano Lèc del ergobando, si vedono riflessi tutti i colori dell'iride. Gli altri laghi di montagna sono azzurri o verdi e talvolta neri: soltanto nel lago di Carezza splendono insieme le tinte più diverse, azzurro e verde, rosso e giall'oro.
In un tempo molto lontano, nel lago di Carezza viveva una bellissima Ondina, che spesso si sedeva a cantare sulla riva del lago.
Vicino al lago, nel gran bosco che sale fino alle cime del Latemar, abitava uno Stregone; il quale un giorno vide la Ninfa sulla sponda del lago e fu tanto colpito dalla sua bellezza che decise di rapirla. Ogni giorno se ne venne al lago e tentò di avvicinarla; ma la bella Ondina, appena lo vedeva, con un salto si tuffava nel lago.
Un bel giorno lo Stregone si decise a salire sul Vajolon, per consultare una Stria del Masarè che abitava lassú in una caverna. La strega si mise a ridere e gli disse:
- Vuoi esser un Mago e ti fai canzonare da una piccola Ninfa? Sei un gran Mago davvero! Ti darò io un consiglio: la Ninfa non ha mai visto un arcobalemo; tu costruiscine uno che abbia un'estremità sulle vette del Latemar e l'altra sul lago, e fallo più bello che puoi. Appena la Ninfa lo vedrà, verrà fuori per ammirarlo e vorrà sapere cosa sia. Intanto tu ti trasformi in un vecchio mercante con un sacco pieno di oggetti d'oro e ti avvicini alla riva del lago, non di nascosto ma apertamente, con passo fermo e tranquillo. La Ninfa non potrà trattenere la sua curiosità, dimenticherà ogni prudenza e verrà con te ovunque vorrai condurla.
Lo Stregone fu entusiasta di questo piano, che gli parve geniale. Il giorno stesso formò un magnifico arcobaleno e vide l'Ondina ammirarlo con tanto stupore. Ma era cosi eccitato che dimenticò di prendere l'aspetto di mercante; e appena la Ninfa lo vide lo riconobbe e con un salto si tuffò nell'acqua.
Allora lo Stregone fu preso da furore senza misura, afferrò l'arcobaleno, lo fece a pezzi e lo gettò nel lago. Poi si arrampicò sui monti e non si fece mai più vedere.
Intanto l'arcobaleno si era disciolto e i suoi colori sparsi sulla superficie dell'acqua, dove son sempre rimasti. Ed ecco perchè lo specchio del lago di Carezza ha tutte le più belle tinte dell'iride.